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lirik lagu bec in de (eppi) deis – laze biose

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col potere satanico che mi è proprio scrivo col fuoco, brucio l’hip-hop cl-ssico in un cacofonico rogo, racconto che rico, in cerca di campioni, entra in un negozio [?] chiedendo vinili ed effetti di suoni. premetto: il suddetto emporio non vende dischi funky, preferisce punk, metal, pop anni ’60/’70, elvis presley, david bowie, la sua distanza è tremenda dai negozi avulsi dalla vendita di musica, sonate, chitarra, b-sso e voce melodica. continuo la filippica: il proprietario mauro ascolta rico e la sua richiesta insolita, valuta e in cambio di valuta eroga al simpatico cliente rappuso un disco tedesco poco costoso e di un gruppo poco famoso, [?], new age, post-noise cilindrico, come sound ricordano gli stop ma è tutto più spirituale e meno empirico, e il pirico col sempice ascolto di una traccia trova suoni che state ascoltando e li sequenzia, li equalizza con la parte sinistra in vista di un’aggiunta di batteria, viene colto da un raptus omicida verso la doppia h, per questo svela la gabola e compone il cl-ssico kit da ritmo, c-ssa, rullante, doppia c-ssa, c-ssa, rullante: è chiaramente intenzionato a pigliare per il culo chi queste cose le fa seriamente, dopodiché mi telefona e mi avverte di aver fatto una base con queste e queste e queste altre caratteristiche e insiste sul voler offendere le piste, i breaker, le basi cl-ssiche, i fricchettoni rapper convinti, le persone fintamente anti-ciniche, gli rispondo e lo supporto, dopo numerose gag telefoniche schiaccio un tasto, salgo in macchina e mi direziono verso il fiscerprais studio, tra parentesi crasto perché se no non faceva la rima

presto! devo abbandonare pancarana e direzionarmi verso pontecurone, prorompente appiccattore di incendi dolosi, ho scordato le galosce in garage, un frigorifero che scratcha sui piatti, un mausoleo garant-to, un cadavere subalterno

giunto al fiscerprais studio suono il campanello, entro, trovo il solito macello bovino, suino, equino, il macellaio saluta cortese e mi offre fette di tacchino, rico attende a capo chino sul computer, mi vede, sorride satanico e poi mi sfoggia la base, la barra sulla schermata del [?] procede, esclamo “santa polenta!” per quanti tracciati riesco a contare, si sente suonare al telefono, rico risponde, qualcuno ha sbagliato numero, per questo mi p-ssa la cl-ssica vecchietta vittima della sua stessa incuria telefonica imponendomi di fingermi gianni, la persona richiesta dalla nonna stupida, per non dire arteriosclerotica, si scopre la gabola, che risate, pensate! in quel momento: epifania, rico c’ha l’illumin-z-one, vedo i suoi occhi brillare, lo vedo rovistare fra i dischi, lo sento vaneggiare sullo stuprare le batterie più famose prese dai break-beat delle vecchie scuole, attacchi alle più solide, alle più solide tracce da break, nessuno oserebbe ma lui sì! ma noi sì! per questo i rigori satanici ci pervadono, il diavolo, si sa, odia il rap ed ama il rock, saccheggio, offesa al nostro antenato ideologico: l’hip-hop, ma non ti sei accorto, non concepisci l’aborto col quale io sto gomito a gomito. frattanto rico continua a campionare, a rallentare beat con lo scopo di ottenere meno sk!lls, meno fotta, spuntonare, spuntonarci, voglio vedere la gente che sbocca, trattiamo male la doppia h, rico mette una base su c-ssetta, io torno a casa e mi appresto a scrivere nella mia cameretta

cl-ssico ritornello hip-hop con le ripetizioni di frasi appartenenti alo stile formulare aka [?] la presenza qua e là di sussulti e interiezioni, naturalmente ripetuto quattro volte. conseguentemente sono arrivato a casa e c’ho scritto sopra questo testo che termina con questa frase, paradossale, nevvero?

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