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lirik lagu jenin – dutch nazari

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sette di mattina la luce cristallina annuncia una giornata calda e secca
il meccanico apre l’officina e inizia ad aggiustare una bicicletta
un cane rincorre una lattina
un uccello in una gabbietta cinguetta
e intanto in una casa lì vicina un uomo fa la sua preghiera mattutina
la fronte china rivolta verso la mecca
alla fermata c’è gente che aspetta
l’autobus si avvicina, un t-ssista accende il mezzo perché è ora che si immetta alla guida
nel mentre si lamenta mentalmente del prezzo della benzina
un ambulante vende bevande calde e un paio di persone stanno in fila con in mano uno sheckel come prezzo della aroma amaro del cardamomo e della caffeina
subito fuori città c’è una collina e in cima un vecchio con l’abito bianco e la barba grigia seguito da un ragazzo che ascolta con attenzione quel che dice mentre cammina lungo la china
si muovono tra alberi b-ssi dalla foglia fina che offrono loro il riparo delle ombre delle proprie fronde per proteggerli dal clima del caldo pomeridiano della canicola
il vecchio sta insegnando al nipote come si coltiva la pianta dell’oliva
come ha fatto con lui suo nonno settant’anni prima ma non lì
in un altra zona che ora non si chiama più palestina si chiama israele
e non gli è consent-to andarci ora la può vedere solo in vecchi ritratti
ora ci son barriere protette da check-point e uomini coi fucili e le divise nere
e mentre i ricordi tornano a galla
si sente il rombo di un motore che proviene dalla strada che unisce jenin a ramalla
poi da una coltre di polvere scura spunta una vettura gialla
un furgoncino, sette posti, e ad aspettarla un ragazzo con lo zaino in spalla fa accenno all’autista che accosti
l’autista lo informa sui costi e subito dopo “yalla” rimette in moto e vola
come se il mezzo avesse le ali
in mezzo a paesaggi brulli collinari
tra gli ulivi secolari disposti in filari e i cartelli stradali coi buchi degli spari
il sole sta correndo ai ripari, socchiude gli occhi accende i f-n-li entra in città mentre si stanno accendendo le insegne dei locali a illuminare i viali
la stazione dei trasporti leggeri sta di fronte al cinema di jenin, i p-sseggeri scendono dal t-ssì, uno resta un po’ lì a guardare la locandina di un film che han trasmesso ieri
i minareti stan chiamando a raccolta i fedeli, gli altoparlanti trasmettono i versi del muezzin, lungo le strade del centro in tutti i quartieri si sente l’intenso odore del fiore del jasmine
tutto è come ieri niente è come ieri, è un po’ come qui non è come qui
fuori da una casa in un vicolo tra i carretti del mercato ortofrutticolo chiusi coi lucchetti un bambino piccolo inganna il tempo libero in attesa della cena coi parenti
fa p-ssi lunghi e lenti contando ad alta voce fino a venti per misurare il perimetro e la distanza tra i c-ssonetti con gli occhi scaltri intenti a vedere se in terra c’è qualche spicciolo
appena si sente chiamare scatta sull’attenti rientra in casa con movimenti svelti per evitare i rimproveri materni pregustandone già i manicaretti
la madre, quando lo vede, gli fa un sorriso, ha gli stessi occhi del padre lo stesso viso
che lei rimpiange tutti i giorni da quando senza preavviso una bomba caduta dal cielo l’ha ucciso
e sopra le loro teste sta la luna, e sembra che li guardi con complicità e sembra che ne apprezzi la semplicità e ne compianga la sfortuna
e sembra ergersi a monito per chi non sa che la caducità accomuna l’umanità come un appello di unità e umana solidarietà
domani è un altro giorno ci si vede qua.

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