lirik lagu levante – murubutu
[verse 1: murubutu]
io che sognavo di volare sopra i suoi respiri
ma che i profili dei camini non li vede mai
perchè tanti dei miei voli erano solo voli falliti
come i primi tentativi dei fratelli wright
c’è chi dice viva nei miti e trasporti i sogni alle folle
che abbia insegnato a stare attenti alle forme, a stare a tempo alle foglie
che abbia una scienza enorme nel coglierle
che abbia insegnato le movenze alle fronde delle paulonie
attenti ad affondi e a manovre alla rotta delle flotte delle parole
arrivano dal fondo senza dire maai dove
si dice che parli attraverso i via vai nei laghi delle onde di polvere
o il batt-to delle porte imposte esposte ad ovest
io credo a chi sa leggere i pollini sollevati nei vortici (sì)
senza sbagliare scia
per me non è un evento, è un concetto
o almeno è un elemento in concerto
che manda le navi del senso sugli scogli della sua armonia
un giorno lo vidi, sulla linea costiera cosparsa di viti
una piccola casa in s-ssi e lamiera, tra lavanda e ulivi
là in mezzo sommerso dove il sole divora i crinali
non sentivo più freddo, avevo solo gli occhi più chiari e puliti
[rit.: ]
?
[verse 2: dargen d’amico]
muove le barche poi entra in un bar che oggi non apre
il proprietario ricorda il proprio padre
quante volte ha letto “chiuso per lutto”
ma non immaginava il giorno in cui l’avrebbe scritto
sospetto esista una vita oltre la morte, ho degli indizi
ma mancano le prove, gli indirizzi
perchè si mangia tutto, cannibalismo
vandalismo come wanna marchi, wannalismo
si porta via le foglie, l’arco e il resto dello staff
facendo saltare i ponti e gli innocenti, come la mafia
voliamo tutti, volenti o nolenti
e ci pisciamo sopra i piedi involontariamente
pollini virali veicolati in spirali
e cristo si ferma ad eboli, perchè teme l’ebola
e lei teme di and-rs-ne e mi stampa il sale sulla lingua
e fa per piangere, ma temo sia il vento, o che finga
la spiaggia va a finire nella mia granita di sangria
e mi sabbia il corpo, come la polizia
ma io mi sento al centro del mondo come se le stelle
fossero occhi di altri sulla mia pelle
[rit.:]
?
[verse 3: ghemon]
qui dove ogni opposto convive
fischia tra i pilastri e le tue melodie
sto in piedi sull’orlo del cratere
i capelli sembrano bandiere
sciolte al sole o appese fiere su di un’asta
qua stanno dritte come la coda di un amstaff
il tempo p-ssa
mellifluo come in una vasca di mel-ssa
la mia musa è gr-ssa, nera e vest-ta con un kaftan
l’animale sale da lei sulle zampe
salivando perché il fare è ipnotizzante
questa pozza appare come un mare grande
quando spira l’aria arriva da levante
e quante stelle si ammazzano per un grazie
tante si amm-ssano insieme come in un cl-ster
al che cavalco pegaso tra le gal-ssie
adesso che le mascelle hanno levato tutte le ganasce
che allo stupore non c’è fine
un campo di cardi e noi stesi sulle traversine
sulle traversie delle mie trenta e più candeline
tu soffi e il fuoco sembra raggiungere le cime
non lo spegnere
[rit:]
?
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