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lirik lagu grey – pathos

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[strofa 1: pathos]
ti vedevo come flora con il vento nella mano
e nel delirio la tua voce mi calmava come tavor
nei tuoi occhi ci nuotavo, ci lottavo poi tentavo
di vederti come appiglio ma affogavo
ed ora scrivo dall’abisso, qui non filtra luce nè rumore
la mia anima ormai fredda è consumata dal tremore
poi il timore è diventato rancore, ha reso ermetico il mio cuore
come il rap di rancore
punture di farfalla come alì
i ricordi sono acqua che devasta come bruce lee
quando l’amore è un thai clinch tu non scappi da lì
lei fu una ginocchiata al setto e buonanotte b
metto in replay alcune frasi di lei
emozioni ormai bruciate come de molay
tu che eri il basco per ll cool j
ora vaghi spenta dentro i sogni miei
senza più luce nei tuoi occhi grey

[strofa 2: spangher]
credevo, davvero, fossi un angelo caduto dal cielo
ma son scemo al cuore adesso tu sei solo un peso
non sei l’arcobaleno ma solo veleno
sai a pensarti grido come calpest-ssi il vetro
ero al settimo cielo, sereno stavo bene col mio ego
ora sto sette metri sotto terra e non mi elevo
una storia breve, una storia per cui bere
una storia storta per riempire ancora il mio bicchiere
bianca come neve, viso dolce e lieve come miele
no so, se guardarla in faccia, fa male o bene
bacia come si deve, un viaggio a gonfie vele
senza un dio crudele staremo -ssieme come parallele e guardiamo
le stelle in alto ma che senso ha
se la più bella ce l’ho affianco nella sua semplicità
solo muoio in stanza senza lei
b-st-rda la distanza, serio la preferirei, a una figa come sasha gray

[strofa 3: pathos]
cocci di dischi uniti a gocce di whisky
hanno bruciato le cisti dentro il buio di sti giorni tristi e dio
non m’ha salvato dal mio super-io che prevaleva a l’es
rendendomi useless
clori la tua scelta è stata facile
hai preferito un ricco ad un fallito psicolabile
ma come biasimarti (?)
amarti ma spezzato in quattro parti reincollate dalle 4 arti
sirene che vorrebbero afferrarti, strangolarti ed affossarti
negli oceani degli sguardi, collocarti nei trofei dei giorni guasti
e noi rimasti ci curiamo a rime e incastri rifugiati dentro nastri riavvolti, siamo astri raccolti
caduti dal cielo, scriviamo di ogni guerra interiore
scoppiata da un errore finchè la penna che tentenna si svegia rotta come sandro penna
e nella griglia coltre che perdevo me
ho vagato fra le stelle per trovare te
ma ti persi e la speranza divenne di creta
che si sgretolava come quella via in discesa
è giù all’inferno, che cercai una luce accesa ma
ciò che trovai fu l’oscurità più tetra
finchè dal vuoto mi salvò una forza amica
che mi aspetterà per sempre, musica fedele akita

[strofa 4: spangher]
e mi chiedo spesso come te la p-ssi
e mi immagino, da coglione, un domani un ritrovarsi
parlarsi, toccarsi, baciarsi ed abbracciarsi
per dopo sentire i nostri cuori a contatto completarsi
ma la mente è troppo fusa e illusa
la vita è una delusione, è una porta sempre chiusa
e non è depressione fra, ma realtà chiara e pura
che si ciba di emozioni delle quali quasi sempre abusa
il ricordo fa male, è inutile negare
ma ogni tanto sai credo ci si debba accontentare
di ciò che abbiamo, degli istanti che viviamo
di un bel ricordo che ci è stato tolto anche se non vogliamo
abituato allo sconforto che perfora
finora fora ancora e senza fissa dimora
non voglio esser b-n-le ma mi manchi di brutto
una canna per pensarci tanto e poi scordare tutto

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