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lirik lagu la leva calcistica del ’93 – d.o.c. (it)

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[intro]
«ah, ah, si sente in fonto?»
«si!»
«ah, ah, a’ mammeta.»
«oddine de i ggionno è i debbo. sarò breve e circonciso. oggi, in occasione appunto del debbo, io dico e vi dico in qualità di condottiero de i brigate rossonere, che la parola d’ordine, tanto per cambiare, è sempre la stessa: viluenza! »

sole sulle popo
nei casermoni mia drema e mio drepa, quattro dentro un mono
figlio di emigri, generazione milli e un futuro a nolo
quando in tasca non avevamo un cazzo, e se c’era, era poco
e crescere in torto
gli sbirri alla porta, novantacinque
gli effeti nei sacchi e poi sulle liste
lo sfratto che neanche avevo due anni e l’odio per la sese, c’est pas possible
ne avevo sei che già ero indie
che per campare c’ho preso crismi
lucio mi scorta su un sh, siamo scesi in strada ch’eravamo bimbi
fine degli anta
nino ora si fa di ero e c’è bubu alla bianca
paco col 2*8*2 latita a salamanca
per non spartirte un cazzo con i suoi torquemada
si fotta la casbah
poi arrivo ai quindici: “mamma esco!”
ecso ecso
se c’è una una rissa ci casco dentro
in saca si parla solo di conti e in quartiere solo di chi è andato al fresco
becco alla gialla dei soci mocro
cose da fare, puntello in loco
momo mi manda le timbo al chilo, compro pezzi all’ingrosso
le prime caserme, zeb!
contatti dalle cabine e nessuno ti sente, zeb!
tanto casino e ne uscivo solo per le spese, zeb!
dai finestrini delle civette
il rosbi perquisa, ha la faccia verde
mani sul zzoca e non trova niente
la prima phi phi mezza boriqua
pelle di choco, sa di malizia
dal non capire che cazzo dice ma essere poliglotta, si, in quanto a fica
amore tossico, caligari
spoglie degli ex dentro gli armadi
ma quale mami: «mami non m’ami!»
per portarmi all’estremo di estremi mali
ricordo carla
mi richiamava perchè non sapeva a chi darla
culo che parla
e per principio io c’ho messo sempre la faccia
altre che neanche ricordo il nome
amarle e neache sapere come
per non dare il peso a dove metti il cazzo, l’importante è ch’entra, non importa dove
lascio il quartiere passati i venti
per ritrovarsi solo se persi
bocca allappata e pensieri pesi
cazzo, sembra ieri
ne passo quattro che sembra il gabbio
napoli spreme, ci faccio cardio
con i valori del dove e quanto
fréro in tasca un zzoca, ma non salto un pasto
pago il fugotto
con quattro pali da 0,8
nelle lattine imboscate a modo
si è fatto tardi
niente ma spero che un po’ mi basti:
«l’anima ha sintomi? si può darsi.»
giovane gastby
dove non campano i crimi se non sugli onesti
ventuno, scandire il tempo fra lutti e protesti
dormire in posti sempre più stretti
campare con certi buoni intenti
per poi uscirne solo più nasty
e fare l’uomo
tra quei: «vorrei, ma non posso.»
tra quei i miei niente e tuoi troppo
tra quei: «potrei, ma non voglio.»
chiedo il perdono
per come sono ridotto
per tutto quello che sono
e per non essere morto
fréro in strada c’ho fatto la nàia
rafi’ pala che ero ancora ya ya
quando il blocco sembrava la sava’
e nel qt giravamo in napa
ora brindo, solopaca
dico cose, chi sa sa
se ci pala dall’alto la nike alata
ce ne restano trenta male che vada
(outro)
«eventualmente usciranno delle idee, delle belle idee. anzi, sai che può uscire? due bei consigli. te li do? te li do? primo, vattene a fanculo. secondo, restaci. mi pare che siamo apposto,no?»

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