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lirik lagu ottobre – diddo

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c’è ragazzo che aspetta, attende fuori da una scuola
ogni tanto tira fuori il telefono e controlla l’ora
non sta fermo, è chiaro che attendere lo annoia
ma a pensarci bene sembra preoccupato per qualcosa

si guarda intorno, picchietta a terra con il piede
sposta una sigaretta, ci gioca sul marciapiede
cerca di distrarsi, ma l’ansia lo possiede
il coraggio retrocede, ed è meglio se si siede

mille pensieri, che gli martellano la fronte
ma deve fare questa cosa, non può aspettare oltre
d’altronde, di tempo ne è p-ssato abbastanza
non può nascondere la testa ancora sotto la sabbia

suona la campanella, ed eccola, la vede uscire
lui si sforza di sorridere, ma non riesce a gioire
le rivolge un sorriso, strozzato, quasi a dire
“ho bisogno di parlarti e non voglio farti soffrire”

è pranzo, sono in un bar, seduti a un tavolino
intorno a loro ragazzi, una famiglia col bambino
lui deglutisce la saliva acc-mulata per l’ansia
è a disagio, e non vorrebbe trovarsi in quella circostanza

la guarda, non sa come iniziare il discorso
la osserva triste soffocato dalla colpa e dal rimorso
lei è serena, prende il panino, gli dà un morso
lui apre bocca e inizia a vomitarle addosso il proprio mostro

lo sguardo di lei cambia, immediatamente si fa cupo
lui si spaventa e per il dolore rimane muto
vede i suoi occhi iniziare a brillare, a lacrimare
gocce iniziano a scenderle lungo le sue guance chiare

ed è lì che lui si pente, quello è ciò che non voleva
vederla piangere è tutto ciò che lui temeva
prova a balbettare qualcosa per limitare i danni
ma è tardi, e da lì per i due sono iniziati i drammi

per mesi, ogni giorno p-ssato a litigare
a soffrire, a rinfacciarsi a vicenda di farsi male
lui ripetere che in verità fosse una cosa di poco conto
lei a dirgli che le aveva fatto crollare il mondo addosso

fino a che lui se ne convince, si appropria degli sbagli
la colpa vince sul buon senso, il rancore su tutto il resto
mesi p-ssati a odiarsi, a piangere e a farsi tagli
letterali e figurati sulle braccia e sopra il petto

e a ripensarci, col quadro completo dei fatti
era davvero così necessario disprezzarmi?
quest’ultimo 17 giugno, avremmo fatto tre anni
peccato che due li abbiamo p-ssati ad odiarmi

e a farlo eravamo in due, e nemmeno io ho mai smesso
a distanza di tempo mi è rimasto l’odio per me stesso
non pensavo in verità di averti fatto una cosa grave
ma ti amavo così tanto da volermi far del male

scusa se ti ho tradito? non ho mai toccato un’altra
scusa se ti ho ferito? non non ho mai brandito un’arma
per anni ti ho chiesto scusa per cose che non ho fatto
non avremmo dovuto perderci, era questo il patto

e in quel disegno che avevi fatto non eravamo in una stanza
ma sul ciglio di una strada, non aveva importanza
dove ci saremmo trovati, in ogni circostanza
e adesso siamo separati da una minima distanza?

quindi alla fine ho dovuto scrivere tutto questo
per abbandonare qualcosa finito in un modo orrendo
non mi fraintendere, vorrei abbracciarti, averti appresso
ma ti sto abbandonando, levando un peso immenso

e scrivere è il modo che ho per sfogare ciò che sento
e il punto è questo, addio, non te l’ho mai detto
avrei voluto rimanere un tuo amico, ma mi hai costretto
ad andarmene, a chiudere e a darci un taglio netto

e hai fatto bene, mi consideravo solo un difetto
ti stressavo sempre, ti appesantivo il petto
mi hai dato un’arma ma poi, mi hai tolto il tuo rispetto
io ho rimosso la sicura, e ho premuto quel grilletto

[outro]

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