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lirik lagu de ferro italico – draugr

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galoppan fra rovine e cenere, straziati e lenti nell’incedere
il tempo è giunto, sangue chiama sangue

colosseo in fiamme, caduco araldo di antico trionfo
carne impalata, teste su lance, pietre incrostate dal sangue dei vinti
“per quanto abbiamo viaggiato, per quanto abbiamo lottato?
e’ giunta infine l’ora della verità!”

correndo, falciando due onde d’acciaio si mischiano in flutti mortali
viste annebbiate da polvere e sangue, dolore insistente, nessuna pietà!
esotiche e feroci fiere da terre lontane si scagliano affamate su di noi!
frecce e lance su dal cielo, alcun sguardo ora è più fiero
cadiam dinnanzi all’aquila romana
esempio di coraggio e di temerarietà
la nostra armata lotta con ferma volontà
ma si spengon a poco a poco le fiamme ancora accese
si incrinan le difese, preludio di una resa

un corno amico, suona ad est, la marsica è con noi
comanda il gruppo il fiero lupo, lancia in mano, e sguardo cupo!

dalle fredde alture dell’appennino
strette nella morsa di un inverno feroce
fa ritorno l’erede sannita
invitto dalla prova di maia
il re lupo torna presso la sua legione
accompagnato dai fratelli marsicani
sangue dello stesso sangue
che dalla stessa antica tradizione ereditano la ferocia in battaglia
e la forza di un’armata, ora si fronteggia nella battaglia finale
“ricordo ancora che correvi libero per i sentieri di maia laggiù
venere e marte ci davan bellezza e forza e giove ancor di più
ora servi colui che del sol invictus fa scempio
e dimentica gli dei per festeggiar i natali del flaccido e d ebole
infimo re dei giudei.”

“la storia ti ricorderà come un altro trofeo del sacro romano impero”
ex ungue leonem, memento, sub iugum miserunt, supremum vale!

nel centro della cruenta battaglia lottavano i due lupi
negli occhi lo stesso sguardo di antica ferocia
e nel cuore il medesimo coraggio
ma gli artigli di acciaio romano temprato con sapienza
affondavano troppo spesso nelle carni del sannita
che della sua spada fece presto sostegno
lo sguardo dell’italico si annebbia, e la vita si riversa a terra
come le ultime nevi sui rami in fiore

“gli dei ti abbandonano e roma ha vinto, l’esercito ribelle sarà presto respinto
implora il perdono e offri la tua resa
altari e templi antichi faran posto alla chiesa”

“respingo una realtà di schiavitù e ipocrisia
accetto il mio destino, qualunque esso sia
per l’ideale ultimo disposto a lottare
per un domani nuovo, come un fulgido albeggiare”
il rapido riflesso del sole sullo scudo sannita
acceca il generale, la sua guardia ora è svanita!
“caligat in sole!”
affonda nel cuor dell’eroe romano l’acciaio pagano
letale l’abbraccio fraterno agognato da tempo

“per la nostra terra, per il nostro coraggio!”
dalle macerie come dalle nubi, un raggio!
le vostre chiese bruceremo, e a bacco brinderem!”

trafitto da frecce e lacerato nelle carni
il vecchio augure cade a terra
una spada pone fine alla sua vita
tanto a lungo dedicata ai misteri del culto
una lancia trafigge i due lupi
e l’eroe capitolino dedica la sua ultima battaglia a marte
ringraziando suo fratello di aver posto fine alla sua vita
da uomo libero
i due fratelli, trafitti dalla stessa lancia
morirono in piedi, senza mai inginocchiarsi sul suolo romano

de ferro italico, in ultio redemptio
de ferro italico

per aspera sic itur ad astra
una sola vittoria non basterà a salvare la storia dall’ombra della chiesa
ma le gesta di questi uomini rimarranno scolpite nella leggenda
e vivranno per sempre
per ispirare nuovi guerrieri a combattere per la libertà
tombe senza nome, la loro pietra racconta, urla senza voce
il loro eco ora giunge a noi
moderni guerrieri dagli antichi ideali

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