lirik lagu il pensionato – francesco guccini
lo sento da oltre il muro che ogni suono fa p-ssare,
l’ odore quasi povero di roba da mangiare,
lo vedo nella luce che anch’ io mi ricordo bene
di lampadina fioca, quella da trenta candele,
fra mobili che non hanno mai visto altri splendori,
giornali vecchi ed angoli di polvere e di odori,
fra i suoni usati e strani dei suoi riti quotidiani:
mangiare, sgomberare, poi lavare piatti e mani.
lo sento quando torno stanco e tardi alla mattina
aprire la persiana, tirare la tendina
e mentre sto fumando ancora un’altra sigaretta,
andar piano, in pantofole, verso il giorno che lo aspetta
e poi lo incontro ancora quando viene l’ ora mia,
mi d? un piacere -ssurdo la sua antica cortesia:
“buon giorno, professore. come sta la sua signora?
e i gatti? e questo tempo che non si rimette ancora…”
mi dice cento volte fra la rete dei giardini
di una sua gatta morta, di una lite coi vicini
e mi racconta piano, col suo tono un po’ sommesso,
di quando lui e bologna eran pi? giovani di adesso…
io ascolto e i miei pensieri corron dietro alla sua vita,
a tutti i volti visti dalla lampadina antica,
a quell’ odore solito di polvere e di m-ffa,
a tutte le minestre riscaldate sulla stufa,
a quel tic-tac di sveglia che enfatizza ogni secondo,
a come da quel posto si pu? mai vedere il mondo,
a un’ esistenza andata in tanti giorni uguali e duri,
a come anche la storia sia p-ssata fra quei muri…
io ascolto e non capisco e tutto attorno mi stupisce
la vita, com’? fatta e come uno la gestisce
e i mille modi e i tempi, poi le possibilit?,
le scelte, i cambiamenti, il fato, le necessit?
e ancora mi domando se sia stato mai felice,
se un dubbio l’ ebbe mai, se solo oggi si -ssopisce,
se un dubbio l’ abbia avuto poche volte oppure spesso,
se ? stato sufficiente sopravvivere a se stesso…
ma poi mi accorgo che probabilmente ? solo un tarlo
di uno che ha tanto tempo ed anche il lusso di sprecarlo:
non posso o non so dir per niente se peggiore sia,
a conti fatti, la sua solitudine o la mia…
diremo forse un giorno: “ma se stava cos? bene…”
avr? il marmo con l’ angelo che spezza le catene
coi soldi risparmiati un po’ perch? non si sa mai,
un po’ per abitudine: “eh, son sempre pr-nti i guai” .
vedremo visi nuovi, voci dai sorrisi spenti:
“piacere”, “e’ mio”, “son lieto”, “eravate suoi parenti?”
e a poco a poco andr? via dalla nostra mente piena:
soltanto un’ impressione che ricorderemo appena…
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