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lirik lagu la madre – giulio stocchi

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[testo di “la madre”]

ahi
figlio
figlio
figlio
che ti porto sulle braccia
e che i tuoi anni mi pesano
figlio
come tre spade d’assenza
per ferirmi il cuore
figlio
che t’hanno spezzato
perché io più non veda
la primavera del tuo sorriso
figlio
e dolcemente prendere forma
il tessuto promesso dei giorni
figlio
figlio
che t’hanno strappato
per lasciarmi
fra i nodi della notte
muta e senza sonno
figlio
che per nove mesi
ci siamo parlati
tu, confidandomi
i tuoi segreti d’acqua
ed io, la terra del futuro
figlio
che tutto intorno
è fuoco e maceria
e fumo
e urla
figlio
che ti porto
sulle braccia
ahi
figlio
figlio
figlio
e con tre spade d’assenza
in fondo al cuore
perché questo silenzio
che ti posa sulle labbra
come una farfalla di gelo?
e i tuoi occhi
che guardano tanto lontano
dimmi
quale eterno minuto
vanno inseguendo?
morto!
morto!
morto!
il mio bambino
la mia gioia
la mia speranza
lui che era nato piccolino
ma come un albero
per crescere verso il cielo
per vedere e per conoscere
e secondo il suo destino
andare per le strade del mondo
il mio bambino
guardate
guardate il mio bambino
e la sua vita
sparsa nella polvere
con tutti i suoi tesori
morto!
morto!
morto!
datemi lame ed artigli
datemi vento ed ali
datemi la tempesta ed il grido
datemi spine e datemi rovi
datemi vetro e metallo
datemi coltelli e datemi chiodi
datemi tutto ciò che squarcia
datemi tutto ciò che morde
datemi tutto ciò che lacera e che strappa
datemi denti e datemi unghie
che dovunque possa inseguire
e sbranare
e dissanguare
e divorare
le bestie
che dal fondo della notte
hanno portato via per sempre
il mio bambino
morto!
morto!
morto!
con la fronte sp*ccata
del mio bambino
scendi
scendi, palestina
e le sue mani spente
come due colombe di cenere
scendi
con gli occhi fissi
del mio bambino
scendi, palestina
vestendo tutta l’ombra
della sua morte
e le ferite
con cui lo costrinsero a morire
scendi
scendi
gli infiniti gradini
scendi, palestina
fino al luogo
dove il dolore
è un unico fiume
con due fiamme e coltelli
e su quelle rive
abbandona la pietà
e ritta in mezzo alla terra
torna
torna, palestina
con l’incendio
che brucia e distrugge
torna
e senza più pietà
torna ritta in mezzo alla terra
torna, palestina
e con tutte le radici del fuoco
del fuoco
del fuoco
e io grido: “fuoco!”
perché il figlio che era mio
il mio bambino
la mia gioia
la mia speranza
oggi è morto
guardate
che me l’hanno ucciso
ed è morto
morto
morto!
ma dove?
dove?
dove?
popolo di stella e fucile
e mio figlio dov’è?
popolo di ritorno e di passi
e mio figlio dov’è?
popolo mio che mai non muore
e mio figlio dov’è?
camminando
camminando
camminando
dalle regioni dell’ombra
verso la luce infinita
che ci attende
camminando
da esilio a orizzonte
camminando
e da destino a ragione
camminando
con i vivi, camminando
e tutti i morti insieme
camminando
perché nessuno resti indietro
camminando
camminando

figlio mio
che più non senti
camminando andremo
tu
con lo stupore ancora
negli occhi
del mondo
che non t’hanno lasciato
e io
per non stancarti
recando il tuo peso
sulle braccia
camminando andremo
fino ai confini della terra
che da sempre ci appartiene
solo allora
ai piedi degli ulivi
che guardano il fiume
solo allora
figlio mio
che più non vedi
ti deporrò
baciandoti in fronte
e con tutte le tue domande
accanto
perché l’erba
i fiori
l’albero e gli uccelli
ti rispondano in eterno
con l’alfabeto loro
innumerevole del vento

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