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lirik lagu linee di libeccio – murubutu

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[strofa 1: murubutu]
maria cuciva ogni tanto guardava fuori
fra le macerie vedeva fiorire i crochi
e il vento sollevava quei resti impigliati ai rovi
erano i pezzi dei sogni falciati dalle esplosioni
maria bambina si specchia nella finestra
corona di carta pesta che dondola sulla testa
e quando libeccio entrava muovendo le tende in casa
riflessa nella vetrata sembrava una principessa
ma ora l’italia era fame e miseria
uscita dall’orrore dall’otre di un’altra guerra
tenebre del conflitto la firma dell’armistizio
i soldati americani lì a napoli in ogni vicolo
bella signorina, signorina
cantava lui p-ssando veloce con la divisa
lei, che ne ascoltava la voce mentre cuciva
maria, s’era fatta grande, sognava una nuova vita
venne più volte a trovarla il soldato
qualcuno già vociava “è tornato l’americano!”
lui era: alto e moro, un altro mondo, un el dorado
sogno di un mondo lontano, lontano
quando le chiese la mano (no no) non c’era già luce
nella chiesa, all’altare allora accesero un lume
che ne illuminava la collana
e il suo vestito fatto in casa con la seta di un paracadute
e impara dalle cadute che in dubbio
che sognava una vita in america
quando fu, tutto blu, tutto buio sul vesuvio
lanciò un bacio all’italia per seguirlo in connecticut

[ritornello]
e ora dimmi dimmi com’è
e ora che il tuo vento non c’è
qual è la linea che guiderà le dita
(e tanto vale, tanto pare, tanto quale)
e ora dimmi dimmi dov’è
e ora che il suo cielo non c’è
qual è la via che ti salverà la vita
(e tanto vale, tanto appare, tanto quale)

[strofa 2: murubutu]
tra la folla all’arrivo, sulla costa al mattino
aspettava il soldato con la pontiac torpedo
lei non vide la statua oltre i blocchi, oltre i porti
lo spazio negli occhi era preso dal suo sorriso
fu così all’improvviso che (che, che)
lei che cercava solo amore e fortuna
si trovava nel p-sso fra le epoche
sposa di un reduce, nell’america di truman
lei che medita confusa
esita, poi studia
resta un po’ delusa
e insiste a sorridere
ma là nel dopoguerra
la sua terra fuma
stringe forte quel braccio
e bacia in bocca il suo principe
e quando lui se ne andò per un’altra in un’alba
piangendo pensava “maria qua devi farcela”
trovò un lavoro da sarta per torn-rs-ne in patria
un lavoro da schiava per tornare in italia
maria cuciva notte e giorno, collo, corpo ed orlo
non sentì il fuoco arrivare di notte nel sonno
non sentì un vento del nord soffiare forte sul porto
che gonfiava quel rogo ingoiando ogni corvo
e di maria cosa resta, maria principessa
di quell’immagine vecchia e riflessa
e là al mattino una brezza, sull’aria ormai spenta
sollevò la sua essenza per lasciare l’america
quel giorno il rimorso, rimosso, ricordo commosso
rincorso sul bordo del mondo
quel giorno il libeccio a ridosso del golfo
aiutava il suo cielo a spogliarsi, prima del sole?

[ritornello]
e ora dimmi dimmi com’è
e ora che il tuo vento non c’è
qual è la linea che guiderà le dita
(e tanto vale, tanto pare, tanto quale)
e ora dimmi dimmi dov’è
e ora che il suo cielo non c’è
qual è la via che ti salverà la vita
(e tanto vale, tanto appare, tanto uguale)

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