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lirik lagu confessione intima – omega storie

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[testo di “confessione intima”]

[strofa 1: alz]
illumino ‘sti fogli con i miei faretti
tornano riflessi come negli specchi
dipingo i miei difetti tra righe e quadretti
rime e progetti, parole e concerti (rah)
che t’aspetti d’avere in cambio dalla scrittura?
la testa più dura, la vita più dura
ciò che cambia dura
muta nella forma, lascia intera la struttura
muta (shh)
la mia voce non lo sarà mai (mai)
fa piacere se m’ascolterai
non piango quando te ne vai
oramai parlo a dio, so che mi giudicherai
ogni mia confessione intima
è un dito dal balcone che ti indica
ed intima
di tendere l’orecchio al cielo
d’accendere il fuoco e combattere il gelo (brrr)
spiego a chi non conosco
quanto poco mi conosco (ah)
dono perle fuori costo
per non finire fuori posto
l’inchiostro che monto nella penna
sale la pressione finche sfonda la sua cella
cambia dimensione, salgo sulla navicella
sono il mio psicologo mi pago la parcella
sparo a una stella e quella cade
lasciando un buco nelle mie strade (bra)
sono un bruco nelle tue tane
non sono più un fuco, farfalla lunare
sono più leggero di sicuro quando scrivo
sono più sincero di quando sorrido
troppi sintomi in partenza, pochi timpani all’arrivo
battito del cuore, ascolta ogni respiro

[strofa 2: omega storie]
un foglio è un foglio
un foglio non sono io
però il riflesso è mio
resti o te ne vai restio?
dimmelo (che fai?)
io che ti guardo e le emozioni si filtrano
e se non sono vero fino in fondo, sìndaco:
parlo
sinceramente
non ho ragioni al riguardo
mi son’ guardato dentro
però è se necessario riguardo
le sillabe lavorano in piccolo
spargono un calco di marmo in cui ho ritratto un pargolo b*st*rdo
(se, se)
foto di rito
che ormai ti sei calmata, ci spetta di diritto
un po’ come facevi da piccolo
le evitavi perché faceva figo e adesso ci ripensi e ti senti ridicolo
pensi a come cogliere il giorno
chiuso come un bruco e steso sulle foglie del mondo
come me sai che in fondo c’è un compito
far quadrare tutto a tutto tondo
e l’orgoglio è un figlio recondito
fai quello che devi fare, molla tutto
che spesso non la si cavalca l’onda d’urto
però ascoltando i miei scritti ti porto al fulcro:
che fuori sono brutto, distrutto, senza trucco e ricurvo
che alla fine, l’ho pure disdetto quel mio famoso viaggio a san pietroburgo
fogli, mi frugo all’interno e guarisci tutto
col sorriso infantile di un triste allegro chirurgo

[strofa 3: dusted]
(uff)
perché alla fine sì (sì)
alla base d’ogni cosa che mi senti rimare c’è solamente un gesto
e alla fine di (di)
tutti i conti davvero è quello che conta, dalla quale ne dipende il resto
perché solo qui (qui)
trovo di fatto il respiro, la parola che di solito non fa mai testo
e a farlo così (sì)
l’ho capito presto quanto ci sia di fondamentale in questo (ahi)
per molti versi, è un paradosso
posso levarmi ciò che ho da dire di dosso
posto che farlo mi risana in un secondo
a costo di rendermi vulnerabile al mondo (ah)
è paradosso anche perché ho una coscienza:
che sono davvero in pochi a trascendere l’apparenza
non è una confessione già dalla premessa
piuttosto è raccontare pensieri a chi non interessa
nulla
eppure lo faccio comunque
qualcosa vorrò pur dire, no? dunque
c’è qualcosa di più grande
poco mi tange di chi sta a sentire mo (no)
egoista quanto vuoi però il fatto è che
a far diversamente non avrei motivo alcuno (ahi)
apri le orecchie se desideri sentire te
perché io non lo faccio ne per te ne per nessuno (ahi)
è come un organo compatibile, nutro il pianto solo se il mio sana
sennò si getta fuori (ahi)
ne deriva che ciò che vedi nel dio rāma (ahi)
è la mia faccia sulla faccia degli spettatori (ahi)
ciò che creo non è mai per la gente (mai)
ma arrivo a lei con tutto ciò che ne comporta (ahi)
dovrebbe essere un museo a luci spente (ahi)
oppure ti aprirò la porta (ah)

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