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lirik lagu pathos – pathos

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[strofa]
dandoti il braccio ho sceso almeno un milione di scale
ora lucifero sorride e mi blocca nel ghiaccio
quel tuo ventre di vetro dentro celava un umore letale
riscaldava le serate col suo freddo abbraccio
inverno lentamente mi cammina sulle membra
lui e silenzio fanno a gara a chi prima mi smembra
vest-to di stupore chiedi perché è gelido il mio cuore?
amico, senza amore siamo neve senza un sole
in questa vita forse non saremo mai felici
noi che siamo nati per avere solo cicatrici
noi anime sfregiate che vaghiamo nelle notti
cuciamo i tagli del p-ssato con i nostri sogni
la luna tinge queste strade, tutto intorno tace
ho litigato con morfeo, non conosco pace
non c’è una stella in cielo che non stia ridendo
di me che affogo, immerso nel solipsismo inverso
sui marciapiedi freddi le graziose della notte
sorridono in silenzio per promettermi una coltre
di respiri, ma il dolore è indissolubile
stanotte l’unico mio bacio andrà alla solitudine
un solitario è un pittore, non un folle o un eremita
dipinge nei suoi occhi il vero suono della vita
ed io proseguo, seguo il ritmo del mio polso
se ho le scarpe consumate è ché nervoso è il cuore in torso
fumo la terza sigaretta nell’inferno che m’aspetta
col coltello suo d’angoscia che perfora, che m’affetta
che costringe tra la gente piena d’oro e scevra di poesia
io per l’uomo ho sviluppato un’idiosincrasia
l’umanità è una malattia, è in simbiosi con il male
finta democrazia sp-cciata per reale
l’asfalto stanco bacia fazzoletti insanguinati
senzatetto menati, stato e dio li hanno dimenticati
la notte si allontana verso la sua antica tana
il giorno disperato corre per sfiorarle i fianchi
sono due amanti che si cercano da sempre stanchi
che mai potranno amarsi sopra petali di lana
ed ora il cielo che si tinge rosso di dolore:
il crepuscolo è il pianto di un proibito amore
ed ora il vento greve e lento muove la rugiada
ora che il cielo è gelo congedo questa strada
entro in casa, dentro tutto è spento, scuro e morto
col volto smorto cerco un foglio che mi dia un po’ ascolto
prendo la penna, chiudo gli occhi, voglio andare via
la pistola che ho alla tempia si chiama poesia
premo il grilletto e giungo nell’empireo del sentire
qui non c’è luce, solo fiumi di rose app-ssite
ne colgo una pregna del segreto respirato
e la dono, con il cuore, a chi ha colto il segreto in pathos

[outro]
è curioso, io ho conosciuto mallarmé ancora ragazzo, ancora scolaro… e mi battevo con i compagni, perché i miei compagni consideravano che era un poeta oscuro, come lo è difatti e… e non lo capivo neanche io ma c’era qualche cosa in malarmeo che mi attraeva, c’era: sentivo che in quella poesia, in quella poesia intensa c’era un segreto e che la poesia è poesia quando porta il sé in segreto

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