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lirik lagu automazione – semicronici

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[h*ll’o’him]
dammi cinque pollici di schiavitù, fratello
ma connessi alle catene che mi spremono il cervello
cola la materia grigia ligia sul mio schermo
se il mio scherno si fa specchio del mio inferno poi mi fermo
e forse muoio, ma almeno non invano
ti prego insegnami ad essere ancora umano
ti prego insegnami a capire perché a quanto pare son l’unico sano
il solo che ti prende per la mano
portami lontano perchè ciò che mi circonda causa il vomito
comico, di quanto non s’accorgano
un tempo eravam liberi di esprimerci ma adesso?
rischi l’impiccagionе per aver sbagliato sesso
prеmesso che piegarsi al progresso di mente ariana
rende oppresso in un regresso che porta a una vita insana
appendimi alla corda dei ribelli, ne farò collana
allora, solo per contrariarti, figlio di puttana

[axiom]
tana che rinchiudo con il pugno
nascondo le parole chiave nate dalla nave del ripudio
comandato dal preludio come dubbio, lo ripugno
da un grugno malato nasce il tripudio
premesso che uno studio di statistiche balistiche
rimbalza come idee sopra forze divinistiche
[h*ll’o’him]
le svastiche dipinte sopra i muri in nuova forma
sono nuova norma, orma di proteste e il mondo si trasforma
in sangue, ma vuoi davvero questo?
ti sei mai chiesto davvero qual è il pretesto?
per mezzo soldo hai venduto pure te stesso
sei genuflesso nell’onta del compromesso

[axiom]
non dura quanto la lunghezza di questo verso, pensiero amplesso
estetico abbastanza da sembrare dantesco
ma adesso, se osservi gli orrori che adesco
tu non parlarci, sono l’intelletto che hai sommesso
ora mi permetto di prometterti coerenza
sapendo che è una croce al collo, reminiscenza
un patto mai firmato ma verbalizzato male
maladatto alla tua fede, malaffare federale
una capanna di calore che fa male alle narici
veleno che hai prestato agli amici
quei discorsi edipici, in cui l’ironia fa indici
di ascolto, con molto piacere alla paura che hai coinvolto

[h*ll’o’him]
un volto senza lineamenti con pelle uniforme
che sia di ogni colore ed in tinta con l’uniforme
pretendere rispetto in mille forme e poi non darlo
ricordati di farlo, di rifarlo, poi di raccontarlo
urlalo alle nullità a cui scrivi, fai la storia
dipingi d’ipocrisia ogni tua memoria
tanto che t’importa? basta che segui il canone e
obbedisci a tutto quello che comporta, individualità morta
china il capo alla tagliola del giudizio pubblico
rassegnati e fai quello che ti dicono e da subito
qualunque cosa credi offenderà qualcuno
non sarai più uno, noi saremo tutto, tu nessuno
[axiom]
è il nome del fumo tossico che sudo
ha la stessa consistenza di un pianeta esploso attraverso un nero buco
forse è vivo, forse ciò che scrivo è un bivio
forse dove vado termina le idee di cui ti fai sussidio
perché mi mostri luce ed essa non riflette
mette questi accenti sopra lande senza lettere

[h*ll’o’him]
smetterai di colpo di pensare, ascolta i sette re
di sette aziende, giocano a mentire e sottomettere
automi buoni solo a fare soldi, ma per altri
inutili a sé stessi, incatenati agli arti
sei risultato di un errore, operazione malriuscita
limite d’involuzione, censura alla vita

[axiom]
proprio quelle cinque dita, si sono fatte palmo
è una metamorfosi, di colpo sembri troppo calmo
il tradimento ti riscalda, ti da la forza
per intrappolare una larva, era spavalda
essere frutto che spezza le sue radici
percorso naturale, lo capisco, come ciò che dici
il tuo aspetto racconta una certa storia
è la boria della voce che malcela la memoria
è così atroce ricordarlo, mandarlo dove quel tarlo
critico inquisiva e dovevi narrarlo
qui si faceva la distruzione di una n*z*one
ma l’esaltazione ti rendeva il falso amore che cercavi altrove
conosco bene quello sguardo, mi appartiene
eppure gli manca il traguardo che non guardo perché senza seme
sbarrami gli occhi, per osservare i ginocchi
che tu hai pestato e prestato a questa marcia a rintocchi

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