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lirik lagu camera stagna – semicronici

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“ma come fai a restare sano in questa vita afona?”

[axiom]
sto contando i passi e solo le mie gambe parlano
il nome delle ombre si palesa e non mi guardano
guadando questo fiume tellurico il mio costume s’increspa
le rughe danno una festa sulla mia testa crespa
ora lamino le frasi da b*ttarmi addosso
voglio osservare i loro tagli, conguagli del costo
un posto sicuro cancellato dal lato più scuro
sembra che mi tenga su una liana e m’impicco, enicuro
curo il silenzio con l’eco che strilla, divento argilla fonica
però se caricato di quelle tue ossa potrai restarmi attonita
era un monito verso di te, ma se svanisci diventa ittero
io lo slitto dove capisci che senza conflitto, non allittero
faccio strada dove hai piazzato le mine, domande senza un fine
i frantumi esplodono in altri frantumi, contusi in terra ostile
così veloce che resto precocemente atroce nei tuoi riguardi
e quando ti guardo punti la testa laddove vanno gli occhi codardi

[h*ll’o’him]
il mio dipinto mi osserva severo giudicandomi
è da tanto che non esco, tanto che ho i capelli candidi
destino giuda, qui steso a terra a supplicarmi di
provare a parlare per una volta coi coriandoli
la neve cade scalda il mondo gelido dal cuore nero
io ti guardo mentre lenta anneghi dentro al cielo spero
che mi aspetterai forse al di là di questa aurora
forse in mezzo ai fiordalisi appassiti, di nuovo sola
[axiom]
assenzio, astinenza, li pratico a giorni alterni
altri inverni troppo familiari che restano fermi
mi freme una voglia particolare, la speme non vale
leve rivelano marchingegni che io non so usare
allora guardo la pelle, l’unica cosa che mi abbraccia
il mio cervello mangia i consigli d’istinto
il lume della candela si è estinto, una minaccia
mi ha convinto di essere acaico e distruggo corinto

[h*ll’o’him]
monologhi nella mia testa, mi sento bruciare dal gelo che provo
ti vedo distante, colpa del muro di ghiaccio che è apparso di nuovo
trovo costante sollievo nel sonno pesante, allora perchè è così grande
il senso di vuoto e d’ignoto che appesta ogni luogo, ogni scelta, ogni istante
e morirò solo, in lande spogliate di ògni parola d’amore
di ogni certezza che diverrà dubbio nell’ombra sparuta di un pallido sole
e sappi che ti odio, di un odio profondo più delle caverne degli inferi
io non volevo ma tu mi hai costretto a subire ricatti da esseri infimi
specchio delle mie brame, rifletti la mia immagine
sfocata annerita dalle mie lacrime, riempimi il calice
nessuno ha mai detto che fosse facile
nessuno mi hai mai detto fossi fragile, diamine
come fuliggine che ammanta i grattacieli
vola via alla prima pioggia, così fanno i desideri
quando guardi l’orizzonte sperando che uno s’avveri
ricorda, la carne muore ma i teschi restano interi
“perché è la musica ad essere la terapia.”

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