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lirik lagu dal ponente al libeccio – smezzo

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[strofa 1]
guardo la luna che dona un sorriso mitico
quando bacia il mare variopinto di acrilico
in questo cielo vedo me stesso nitido
come quando guardo i tuoi occhi
e mi sento più piccolo
è ridicolo
che basta stare insieme
per sentire il calore dell’altro scorrere nelle vene
perché se piango (mai)
la causa è il tuo sguardo
che mette in pausa il respiro come fosse un infarto
e io mi aggiro per i portici spogli
grevi e pesanti come questi scogli
e ti guardo tra i versi dispersi nei miei fogli
e li spargo comе semi per il gusto di raccoglierli
nascondici (no!)
sotto a un stormo di rondini
pеr scoprirsi la primavera
perché noi non siamo nordici
confondimi (dove?)
in un istante rispondimi
il tuo silenzio è assordante e non risolve i miei disordini
affondami (certo)
e fra la labbra accoglimi
belle come le tue non ne esistono e non potrei confondermi
raccontami (tutto)
tra le parole non nasconderti
eclissano come il sole ciò che dal cuore vuole scorgersi
ascoltami (adesso)
protagonista dei miei sogni
infondimi sicurezza
perché rispecchi i miei bisogni
osservami (qua!)
con quei tuoi occhi di ghiaccio
scaldano questo cuore
come un liquore offre coraggio
e abbracciami
stringimi senza aver limiti
restiamo intimi anche soli
perché noi siam più che simili
baciami (si)
perché scacci i nostri incubi
sono mostri del passato spezzato dalle nostre sincopi
[skit]
no, non è così
mai
dillo, dillo, dillo

[strofa 2]
piuttosto che non averti
b*tterei tutti i miei singoli
è così tosto non vederti
ed essere inerti senza sintomi
è come privar luce alle piante
e pretendere la fotosintesi
per scottarsi solo un instante
e non congiungersi come asintoti
questa attesa pesa nel grembo
cammino lento perso nel tempo
inseguo il vento come chi vaga spento
a stento barcollo sul cemento
ad ogni passo io ci affondo dentro
perciò collasso ogni volta che io sento
un vuoto tetro dilagare nel tormento
io non lo accetto
perché rammento
il tuo calore sciogliere il cemento
le tue pulsioni diventare il mio epicentro
i tuoi colori coprire il grigio spento
le tue passioni dominare questo vento
questo scirocco che prima non c’era
soffia troppo dalla siria in primavera
lei mi strega con lo sguardo
io la vedo ed è un miraggio
dove sbaglio cosa faccio
è un dettaglio che rintraccio
sono ostaggio
di quest’iride di ghiaccio che mi scalda
infatti vedo appannato per questo sbando
ogni cosa ha una fine è questo il guaio
che vedo i fiori appassire nel mio solaio (no)
curavo i nostri germogli come un fioraio (no)
ma senza te affianco il divario pesa un sacco (ah)
stupidamente ti ho cercata sotto al palco
non ti trovavo e affranto ho cantato asfalto
speravo di evocarti per incrociare il tuo sguardo
ma non c’era nessun’altra (nessuno)
in fondo ho scritto questo testo per mantenerti ancora in vita
anche se capisco solo adesso di averti perso tra le dita
la notte penso al tuo riflesso immerso dentro all’acquaviva
spesso fluisce dal mio estro come lacrima lasciva
e giuro che non dormo ho poco sonno
intorno vedo il tuo viso inciso sul soffitto
e coi versi lo ritocco senza controllo
mi aggrappo al tuo ricordo e non c’è ritorno
se penso al male che m’hai fatto
perdo il tatto così tanto che m’incanto
dentro a un sogno e non chiudo occhio
per lo sconforto
mi hai tradito, io sono morto
sotto con le dipendenze ho perso il conto
e toccato il fondo
quindi chi sei te?
non riconosco più il tuo volto
chi sei? chi sei? chi sei?
[outro]
ringrazio la scrittura, è la mia compressa
mi cura solo lei col mare in tempesta
questi versi testimoniano il nostro percorso
e col tempo è diventato un binario morto
è arrivato l’inverno e con esso il vento freddo
spirato dalle tue labbra come il maestrale
ci siamo amati col ponente e persi col libeccio
come borea e tanaris sopraggiunse il grecale

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