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lirik lagu cantico di una famiglia anarchica tra il xix e il xxi secolo – uochi toki

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cantico di una famiglia anarchica tra il xix e il xxi secolo lyrics
tu immaginati una famiglia di individui che si sono conosciuti poco ma che un filo o più fili legano attraverso generazioni e secoli, linee guida che ritrovi a priori o posteriori, non importa, dato che il tempo è assodato come non linea, non [?], non superficie
tu immaginati una famiglia che non è unita ma ispirata, che non ha bisogno di passare assieme tutto il tempo a scadenze comandate, che non riversa spazzature di un componente su di un altro
tu immagina una famiglia dove i rami sono distanti in modo arioso e non ci si cerca o si allontana in modo morboso, non si tributa onore agli antenati con epitaffi plateali a parte forse questo
tu immagina una famiglia che non schiaccia le gеnerazioni successive con il pеso di un’eredità che, monetaria o ideologica, è sempre un vincolo farcito di paura e orgoglio, che non si sa mai se è ciò che i discendenti vogliono, ed è per disfunzione che si dice “lo faccio per i figli e per i figli dei miei figli” e questa la ripeto meglio perché è importante, magari mi diventa il ritornello, dai

quando dici per i figli e per i figli dei nostri figli, quando la retorica delle generazioni future ti possiede, vieni schiaffeggiato da una turma di figli adolescenti in camera che non ti voglion più parlare e non capisci come mai, ma tu continui a caricare soluzioni che si concluderanno tra tre, quattro generazioni
fai una cosa: immaginati una famiglia che si scopre poco a poco e che lascia emergere i suoi caratteri come pietre e piante emergono dal suolo e nessuno detta legge perché ognuno scrive la sua e quando scrivi, leggi ciò che gli altri scrivono con occhi altri
immagina le consuetudini editabili, elastiche, estatiche, che in estate si può anche non andare in ferie tutti assieme o non considerar le ferie come inferriate, che la scelta delle scuole si può fare con la calma e chissà che non sono visibili subito tutte le possibilità
immagina che il lessico estraneo integri il lessico familiare, che un genitore cerchi con successo di non plasmare prole a suo terrore e somiglianza e che questo impegno sostituisca l’impegno nell’aver successo nel grande tritacarne che regala targhe con scritto “voglio darti tutto ciò di cui hai bisogno”
immagina un vuoto di famiglia che suona come la troppa [?] e immagina che qualcuno che ha preso botte riesca a non dare botte
immagina qualcuno che non vuole figli perché ha visto cose che voi umani fate nel reale, ma comunque una famiglia ha sempre integrato questa più come una propensione accettata rispettosamente che come una scelta da discutere e veder difendere
tu immagina smettere la caccia perché la prole te lo chiede, smettere 40 sigarette al giorno in una notte perché hai progetti, immaginati senza sacramenti e quattro figli tra il xix e il secolo xx
immaginati che vengano a prenderti e metterti in cella per due giorni, prima che contesti
tu immaginati di cambiare idea, di poterlo dire come figliǝ sedutǝ a capotavola e che la cosa venga salutata come crescita e non come una contraddizione
tu immagina una famiglia nomade ma che si sposta una sola volta per generazione e non vive dei rancori stratificati di paesi, non suole socializzare con parenti troppo stretti, senza tradizioni, senza detti, senza montagne di non detti
tu immaginati una famiglia che trasmetta valori senza trasmetterli con quelle verbalizzazioni dirette putrefatte, immagina alla base un’attenta osservazione e poi un fate vobis, immagina il rigore innestato su poche pratiche e poi è comunque tutto da inventarsi, immagina di avere attorno una famiglia più attenta a cosa senti rispetto a cosa dici, immagina di essere cresciuto senza mai doverti guardare le spalle e senza che qualcuno di famiglia ti protegga perché l’assenza o scarsità di mezzi non è un pericolo ma la quotidianità e non c’è ansia o disperazione nel non avere quello che hanno gli altri perché tutto finisce e anche noi

tu immagina, ma per una volta io no: è la realtà in cui son cresciuto, è la radice portante senza nessun assoluto, è la tradizione del non ereditare colpe, un [?] scrivente senza uva e senza volpe, è un impegno fluido da almeno cinque generazioni, trans*secolare, che vuole ma non deve necessariamente continuare

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