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lirik lagu la grande quercia – xvi religion

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la grande quercia lyrics
[testo di “la grande quercia”]

[strofa 1]
chissà da quanto tempo che non ci parliamo
quanti chilometri abbiamo
messo dietro a queste ruote da quel che eravamo
chissà se ricordate il cielo che ci spartivamo
con le scarpe da calcio ed un pallone in mano
io ricordo certi flash
come dati da neuroni impazziti dell’hardware
come in linguaggio morse dallo strapiombo
quando morfeo mescola le carte
e mi canta di marte con tono profondo
prima di dormire
apro occhi che non puoi capire
e vedo certi mostri che potrei morire
ma a volte vedo voi, seduti nel cortile
spettinati da un febbrile vento d’aprile
e sento l’odore dell’erba
enrico chiama palla e nessuno risponde
alberto che la passa a diego
diego a jonathan, palla in mezzo ora ho la porta di fronte
e faccio ancora gol

[ritornello]
sì, amici, siamo noi che corriamo dentro i campi del tempo
abbiamo gambe venate d’argento
poche domande nel grembo e il telefono spento
imprese che non hanno senso
a farne le spese vestiti logori
dicono che un mese andasse lento lento
quando il paese era una metropoli
[strofa 2]
l’adige che corre dietro casa mia
un serpente d’acqua lo percorre lentamente lasciando una scia
decripto sereno, le chiome di un albero fitto
in profili di persone picchiati nel cielo
profumi dentro serbatoi neurali
schiudono portali spazio*temporali
e percorriamo strade verso vecchie case in canti funerari
e il cuore dritto in gola in flussi antigravitazionali
nessun posto è come casa mia di allora, non casa mia di adesso
un altro punto dentro l’universo, sarà che son diverso
e i miei rifugi dietro ai mobili
non li attraverso più neanche di traverso
mezze vite come cuori dentro un tronco sano
spingono linfa verso le stelle di un cielo lontano
capita che a letto a volte tutto si arresta
ho la porta di fronte e parte uno spasmo dalla gamba destra
e faccio gol

[ritornello]
sì, amici, siamo noi che corriamo dentro i campi del tempo
abbiamo gambe venate d’argento
poche domande nel grembo e il telefono spento
imprese che non hanno senso
a farne le spese vestiti logori
dicono che un mese andasse lento lento
quando il paese era una metropoli
[strofa 3]
a pensare a tutto quello che è venuto dopo
ogni decade è un livello dentro il videogioco
il passato arde di fiamme nere come spiriti
che invoco oltre la porta tagliafuoco
la sento calda ma non s’apre, è blindata
è ferro ormai fuso chiuso a tripla mandata
ogni giornata è un metro che allontana
eterno viaggio nella carovana
da l’avana a terra cambogiana
ora vivo a bolo
un paese che ha troppi pochi occhi per accorgersi che sono solo
guardo una gazza in volo, zitta
ha fatto un nido sopra gli abiti da bombarolo su in soffitta
camminando ho visto un campo e una porta di quelle piccole
quattro ragazzi dalle facce limpide
uno chiama palla e nessuno risponde
l’altro mette in mezzo al bambino più basso
ora ha la porta di fronte

[ritornello]
sì, amici come noi che corriamo dentro i campi del tempo
hanno gambe venate d’argento
poche domande nel grembo e il telefono spento
imprese che non hanno senso
a farne le spese vestiti logori
sanno quanto un mese vada lento lento
dentro un paese come una metropoli
[outro]
dovete annà a lavorà! capito? dovete annà a lavorà!
ecco
dovemo tutti lavorà! dovemo tutti lavorà!
sta a dì che dovemo lavorà
bisogna annà a lavorà!
emo capito, emo capito
dovemo tutti lavorà! dovemo tutti lavorà!

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